3 maggio, Napoli. Studente calabrese ricorda Emilio Albanese
È la mattina del 3 maggio 2005 quando alcuni rapinatori uccidono a Napoli freddamente, con un colpo alla testa Emilio Albanese, ingegnere in pensione di 69 anni, padre della compagna di Jacopo Fo, figlio di Dario Fo, dopo che aveva prelevato una somma di denaro presso la sua banca. È l’ennesimo fatto di cronaca nera che mostra ancora una volta il volto amaro di una città dai mille risvolti. Gli articoli di stampa evidenziano un dramma che è al di fuori di qualsiasi motivazione. Così i giovani sicari della camorra ammazzano a Napoli, senza ripensamenti, senza dare un valore alla vita umana.
Strazianti sono state le parole della figlia Eleonora, che alla stampa dichiarò “Non si può campare in una città così. E non credo che Napoli possa cambiare, per questo non capisco come i miei genitori abbiano potuto continuare a vivere qui (….) Non è normale quello che è successo a mio padre. Mi aspettavo che morisse per la sua malattia di cuore, e non in questa maniera. Mio padre è stato ammazzato da quella che era la mia più grande paura. La gente deve uscire da questa situazione, fare una rivoluzione anche se non credo che questa città possa cambiare.”
Da allora Napoli continua a vivere le sue enormi contraddizioni sociali, È tipico delle città complesse e delle periferie estremamente povere dei grandi agglomerati urbani. Il caso di Emilio Albanese è senz’altro un esempio del degrado suburbano. Quando la povertà avanza la criminalità cresce. Pertanto educare alla legalità nelle scuole diventa sempre più una missione; soprattutto quando speranze e possibilità di emergere dalla zona grigia si riducono sempre più.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare Emilio Albanese, attraverso l’elaborato dello studente Matteo Comito della classe I sez. D del Liceo Scientifico Filolao di Crotone.
“Il 3 maggio 2005, l’ingegnere sessantanovenne ormai in pensione, Emilio Albanese, alle 10:30 di mattina, era appena uscito da una sede della Bnl nel centro di Napoli con una considerevole somma di denaro (3.300 euro) e si stava dirigendo verso la sua abitazione, quando venne colpito alla testa da due rapinatori che rubarono i soldi e fuggirono con un motorino. Emilio morì poco dopo al San Giovanni Bosco. Nessuno vide l’accaduto e per questo i responsabili non furono mai trovati. Il consuocero dell’uomo, Dario Fo, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1997, quel giorno stava presentando una sua opera al Teatro Augusteo e appena venne a sapere dell’accaduto dimostrò il suo dispiacere dicendo che Napoli può essere bella quanto crudele. La figlia di Emilio, moglie di Jacopo Fo, disse come per lei fosse assurdo che i suoi genitori avessero continuato a vivere a Napoli, una città incapace di cambiare. Penso che alcune volte ottenere giustizia risulta veramente complicato. Malgrado siano passati ormai molti anni, spero che un giorno si possano trovare i responsabili di un crimine così atroce e insensato. È importante ricordare la storia di una persona vittima innocente dell’avidità bestiale”
Il CNDDU invita nuovamente gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU