Massimo Ripepi “patrimonio edilizio al collasso, in pieno centro al crocifisso ci sono le favelas”
Il patrimonio edilizio della nostra Città è al totale collasso. Nel quartiere Crocefisso, in pieno centro, ho trovato le Favelas. Una miscela esplosiva di sofferenza, emergenza sanitaria e diffuso abusivismo totalmente incontrollato.
Una signora disperata mi ha confessato che fa giocare i suoi figli in cortile con il casco, per paura che da un momento all’altro cadano i cornicioni.
Continuano le visite ai quartieri, perché le richieste dei cittadini che invocano attenzione, si fanno sempre più impellenti. Accompagnato da alcuni residenti, ho visitato il quartiere Crocefisso, pieno centro, e storico rione che ha dato i natali proprio al compianto Italo Falcomatà.
Il sindaco di tutti, che aveva inaugurato il ciclo della Reggio “bella e gentile” e ci teneva tantissimo a migliorare le condizioni degli alloggi popolari.
Oggi invece, sono qui a documentare il degrado, uno squallore che ormai si è diffuso come una malattia endemica in una delle città fra le più belle del Mediterraneo.
Come si sarebbe mosso l’allora sindaco Falcomatà di fronte alla fatiscenza strutturale delle infrastrutture popolari? Quelle che erano sorte con l’idea di essere le cantine degli isolati, sono state assegnate a suo tempo, dall’assessorato al Patrimonio, come alloggi, e attualmente fungono da abitazioni per i meno fortunati.
Infatti, sono soprattutto nuclei familiari di extracomunitari che occupano queste aree, sopravvivendo a condizioni indecenti pur di avere un tetto sopra la testa, ma con le utenze necessarie. D’obbligo pensare, per induzione, che negli anni, nessun controllo sia mai stato effettuato dagli Uffici del Patrimonio né per salvaguardare i propri beni né per operare degli interventi manutentivi a livello strutturale.
E’ facile fare i conti con la realtà, basta guardarsi attorno: le aree cortilive sono invase dai rimedi di fortuna, dai cavi elettrici ai tubi per lo scarico delle acque, laddove sarebbero dovuti intervenire gli Uffici preposti alla cura degli immobili e dove invece, sono intervenuti i cittadini come potevano. Ma è degno, tutto questo, di un’area metropolitana come la nostra?
I progetti di intervento dovevano essere enormi e invece ci ritroviamo con almeno tre gravi problemi: un patrimonio edilizio totalmente deteriorato da risanare, interi quartieri da bonificare, famiglie più svantaggiate da ricollocare. Per non parlare della rendicontazione degli stessi alloggi, che spesso diventano possesso abusivo di chi non sa a quale santo votarsi o semplicemente di chi non trova una soluzione legale, perché le istituzioni locali sono assenti.
E’ mio dovere, non solo raccogliere istanze, ma rivolgere con assoluta urgenza una formale interrogazione all’assessorato competente per una rendicontazione analitica della situazione in essere. La prima cosa da verificare è la regolarità degli alloggi concessi e quali introiti pervengono al Comune, anche sulla base di alloggi per i quali è stata concessa la vendita.
Gli acquirenti erano davvero tutti titolari? Quanti assegnatari ad oggi hanno effettivamente i requisiti necessari? Ci sono poi altri aspetti da esaminare, come le adozioni a tutela del patrimonio edilizio e quali progetti erano o sono previsti o sono stati presi in considerazione per intervenire sulla evidente fatiscenza degli immobili, prima di incappare in danni permanenti a persone o cose.
Insomma, urge un accertamento a trecentosessanta gradi, per cominciare a rivoltare una situazione granitica e che sfiora il limite dell’inciviltà.
In un secondo momento poi, si potrebbero anche accogliere le proposte dei cittadini, i quali non solo amano la loro città, ma vorrebbero farne un giardino culturale, pieno di iniziative per trasformare una favela in un luogo arricchente, condiviso da tutti i volenterosi e fruibile in modo sano.
Ma fino ad oggi, la tanto decantata partecipazione democratica della popolazione, è stata bypassata a piè pari dall’attuale giunta comunale che si arrovella in un groviglio di illeciti, ciance, simulazioni e tagli di nastro, mentre il territorio langue nel disordine e nell’incuria: la parabola più buia della nostra storia contemporanea e della luminosa civiltà magnogreca a cui apparteniamo.