Minatore d’Oro a Motta San Giovanni, la Fondazione Falcomatà “fare memoria per costruire il futuro”
“Un ringraziamento sentito all’Amministrazione comunale di Motta San Giovanni guidata dal Sindaco Verduci per l’emozionante cerimonia di oggi. E naturalmente grazie per aver voluto rivolgere un pensiero ed un ricordo alla figura di Italo Falcomatà.
Lo spirito che sta alla base di questa onorificenza, nata per rendere omaggio ai tanti minatori mottesi scomparsi negli anni a causa di malattie professionali, è quello che anima ogni giorno il lavoro della nostra Fondazione.
Fare memoria è fondamentale, come ha affermato Liliana Segre è “un vaccino prezioso contro l’indifferenza”, soprattutto perchè ci consente di trasferire ai più giovani la consapevolezza della nostra identità e fornire gli strumenti per progettare e costruire il futuro”.
Ha commentato cosi la Presidente della Fondazione Italo Falcomatà, Professoressa Rosa Neto, a margine della cerimonia di conferimento del premio internazionale Il Minatore d’Oro istituito dall’Amministrazione comunale di Motta San Giovanni per ricordare il sacrificio dei minatori mottesi e destinato a figure che si siano distinte e abbiano raggiunto notevoli risultati nel mondo del lavoro, della cultura, della medicina, della ricerca e del sociale.
Il premio è stato assegnato quest’anno al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, mentre un riconoscimento speciale alla memoria è stato assegnato alle figure di Nino Candido, giovane vigile del fuoco di Reggio Calabria ucciso dallo scoppio doloso della cascina di Quargnento nel 2019, all’imprenditore già Presidente di Confindustria Calabria Cesare Diano, e proprio al Professor Italo Falcomatà, indimenticato sindaco della Primavera reggina.
A ritirare il riconoscimento, conferito dal sindaco Giovanni Verduci e dell’Associazione dei Minatori mottesi, la presidente della Fondazione Rosa Neto Falcomatà.
“Dobbiamo grande rispetto alla figura dei minatori – ha aggiunto la Professoressa Neto – e credo sia un dovere per tutti noi ricordare il sacrificio delle migliaia di persone, nostri concittadini, emigrati nei secoli scorsi per lavorare nelle miniere del centro e nord Europa. E’ triste pensare alle tante famiglie falcidiate dalle morti bianche a causa di malattie professionali, soprattutto respiratorie, che queste persone contraevano lavorando in miniera.
Quella dei minatori è una storia legata a doppio filo con quella del nostro territorio, cosi come penso sia significativo l’esempio di persone come il giovane Nino Candido, cui oggi vuole andare il mio pensiero, ucciso purtroppo mentre svolgeva il suo lavoro al servizio della comunità. La sua figura, come quella di tanti giovani reggini, ancora costretti ad emigrare per motivi di lavoro, deve essere un riferimento per tutti coloro che quotidianamente lavorano al servizio della nostra terra”.