Anassilaos, alla Villetta De Nava di Reggio un incontro sulla figura di Don Lorenzo Milani
Trasparente e duro come un diamante, doveva subito ferirsi e ferire” questo era Don Lorenzo Milani secondo Raffaele Bensi, che fu sua guida spirituale. Alla figura del sacerdote fiorentino, nel centenario della nascita, l’Associazione Culturale Anasslaos, unitamente alla Biblioteca De Nava, dedica un incontro che si terrà giovedì 1 giugno alle ore 16,45 presso la Sala Giuffrè della Villetta De Nava relatore il Prof. Antonino Romeo, deputato della Storia Patria della Calabria.
A introdurre l’incontro la dott.ssa Rosella Crinò, Vicepresidente del Premio Anassilaos. Sacerdote “scomodo” Don Milani entrò in seminario a Firenze nel 1943. Fu ordinato sacerdote nel 1947. Fino al 1954 esercitò le funzioni di cappellano coadiutore a San Donato di Calenzano dove aprì una scuola popolare. Successivamente trasferito a Barbiana, vi fu priore e si dedicò fino alla morte a fare scuola per i ragazzi del paese.
Duro come un diamante Don Lorenzo apparve fin da subito controcorrente così da incorrere anche nelle censure del Sant’Uffizio. La sua prima opera “Esperienze pastorali” del 1958 fu ritirata pochi mesi dopo la sua pubblicazione perché ritenuta “non opportuna”. Nel 1965 rispondendo ai cappellani militari della Toscana che protestano contro l’ obiezione di coscienza ritenuta “espressione di viltà” Don Lorenzo Milani pubblicò uno scritto in difesa dell’ obiezione di coscienza che gli procurò una denuncia e un processo per apologia di reato. Nel 1967 – poco prima della morte – pubblicò “Lettera a una professoressa” redatta in collaborazione con gli allievi della scuola di Barbiana, che costituisce la base del suo pensiero pedagogico e per il movimento studentesco del 1968 un testo fondamentale per criticare l’ordinamento scolastico e universitario vigente al tempo nel nostro Paese. “La scuola – ha affermato Papa Francesco – per don Lorenzo, non era una cosa diversa rispetto alla sua missione di prete, ma il modo concreto con cui svolgere quella missione, dandole un fondamento solido e capace di innalzare fino al cielo… Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole”.
A cinquanta e più anni dalla “Lettera a una professoressa” e a cento anni dalla nascita, soprattutto dopo le esperienze del 1968 che Don Milani non visse, la pedagogia del sacerdote fiorentino pone alcuni interrogativi. Nel 1968 non furono infatti i figli dei contadini a guidare la lotta contro l’ordinamento scolastico vigente ma i figli di quella borghesia contro i quali scriveva Pasolini “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri…. La scuola disegnata da Don Lorenzo Milani e fatta propria dal 1968 non ha forse danneggiato le classi meno privilegiate e gli studenti poveri che soltanto nel titolo di studio, conseguito con fatica e sacrifici, potevano trovare una leva di riscatto sociale?
Al di là di questi interrogativi che la realtà di oggi pone alla nostra attenzione e ridimensiona la pedagogia di don Lorenzo resta comunque la luminosa dimensione sacerdotale ricordata da Papa Francesco. “La dimensione sacerdotale è la radice di tutto quello che ha fatto. Tutto nasce dal suo essere prete. Ma, a sua volta, il suo essere prete ha una radice ancora più profonda: la sua fede. Una fede totalizzante, che diventa un donarsi completamente al Signore e che nel ministero sacerdotale trova la forma piena e compiuta per il giovane convertito”… la presenza del Vescovo di Roma – ha detto il Papa – “non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa”.