Reggio Calabria

Gom, cosa è accaduto davvero in oncologia? Cade un altro capo d’accusa per Correale

Il Tribunale delle Libertà conferma la misure cautelari per Correale ma sancisce un importante punto a favore degli imputati: cade l'accusa di concorso morale in truffa

Il tribunale delle Libertà ha rigettato il ricorso del dottor Pierpaolo Correale, ex primario del reparto di oncologia del Gom di Reggio Calabria, contro la sospensione per un anno dal servizio. Di fatto, però, c’è una buona notizia per tutti coloro che erano stati colpiti da questa intricata vicenda (a partire dai familiari dei pazienti del reparto) i cui contorni, poco nitidi fin dall’inizio, iniziano un passo alla volta a delinearsi per ciò che sono realmente: è caduta l’accusa di concorso morale in truffa. E non è la prima grave accusa che cade.
All’indomani della bufera sul reparto di oncologia, infatti, a fare clamore era stata la gravissima accusa di omicidio colposo, caduta in realtà già in seguito all’interrogatorio. Restano dunque in piedi solo due delle accuse iniziali, ovvero la somministrazione di farmaci inattivi e l’abuso d’ufficio. Ma considerando che ancora il dibattimento non è nemmeno iniziato, si tratta già di un quadro positivo, preludio di sorprese che potrebbero rivelare tutt’altro rispetto ai proclami altisonanti del post bufera. Riabilitando l’attività del reparto nel corso degli anni “incriminati” e quindi di tutto l’Ospedale.
Le accuse e il presunto pericolo di reiterazione
L’attuale misura cautelare pendente sul dottor Correale è stata chiesta dalla dottoressa Modica il 24 maggio 2023. Venne nominato un primo giudice che, dopo poco, si è dimesso. E’ stato così nominato, dopo circa un mese, un secondo giudice che a sua volta ha preso in carica la documentazione, prendendosi un altro mese di tempo. A fronte di questo sono stati effettuati due interrogatori e a quel punto il giudice, dopo cinque mesi, ha emesso dispositivo il 24 novembre 2023, ovvero all’indomani di un ricorso (articolo 700) con cui il dottor Correale contestava il suo demansionamento da parte dell’azienda.
Ora, il tribunale della Libertà si è pronunciato confermando la misura interdittiva dall’esercizio della professione medica, così come richiesta dal Pubblico ministero che ha dato il via alle indagini, sia per Correale che per il collega Giannicola. Il tribunale ha confermato la misura perché ritiene sussistenti le esigenze di pericolo di reiterazione del reato, ovvero la somministrazione di farmaci inattivi e l’abuso d’ufficio, con falso ideologico.
La denuncia e le “colpe” di Correale
Dati i presupposti, gli imputati ricorreranno ora in Cassazione, per richiedere la rimodulazione della misura cautelare, che secondo la linea difensiva di Correale, “non è supportata da una corretta valutazione di questo presunto pericolo, perché a dire dei denuncianti, ovvero medici interni del reparto che hanno denunciato presunte gravissime lesioni su innumerevoli pazienti per via delle terapie attivate da Correale e Giannicola, si parla dell’omicidio di un paziente“. Nel momento in cui i Nas sequestrano però numerose cartelle, oltre un migliaio, a marzo 2021, il presunto morto era ancora vivo. E già questo la dice lunga.
Contro Correale parte dunque una denuncia in cui si fa presente che all’interno del reparto verrebbero attuate terapie non in linea con le linee guida nazionali. Correale e Giannicola, a dire dei denuncianti, abuserebbero dell’immunoterapia, vista in questa vicenda come fosse il male assoluto, e somministrerebbero terapie innovative ai pazienti, ovvero quelle immunologiche. Ma c’è una punto da chiarire sulla somministrazione dei farmaci inattivi: erroneamente sta circolando la notizia di farmaci scaduti, ma non è mai stata questa l’accusa. Non c’è alcun farmaco scaduto, come avevano già precisato i legali di Correale con una smentita pubblicata a fine novembre. Si contesta a Correale di aver effettuato 13 terapie, su migliaia mai contestate, a pazienti in stato avanzato della malattia, ovvero quando l’alternativa terapeutica valida sarebbe stata l’astensionismo.
In sostanza, Correale è sotto processo perché ha provato a curare quando invece il paziente, secondo le linee guida nazionali, doveva solo essere lasciato morire. Come emerso nel corso del procedimento, le cure di Correale in alcuni casi non hanno sortito alcun effetto, in altri hanno prolungato di pochi mesi la vita di pazienti destinati alla morte. Mai, comunque, il dottore e il reparto vengono accusati di aver fatto del male a qualcuno.

Fonte StrettoWeb

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