12 marzo 1977, la ‘Ndrangheta uccide l’imprenditore Rocco Gatto
Il ricordo da parte di una studentessa del Liceo scientifico di Crotone.
Il 12 marzo del 1977 viene ucciso a colpi di lupara dai killer della ‘ndrangheta mentre era alla guida del suo furgone lungo la strada provinciale per Gioiosa Ionica in provincia di Reggio Calabria l’onesto imprenditore Rocco Gatto; il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende commemorarlo attraverso l’elaborato di Serena Macrì della classe III sez. G del liceo scientifico Filolao di Crotone.
“Rocco Gatto era un uomo onesto che lavorava in un mulino come garzone, successivamente divenne il proprietario dell’attività, ma da lì a poco la ‘Ndrangheta iniziò le sue richieste. La situazione si fece sempre più difficile: dalle richieste passarono alle minacce, e dalle minacce arrivarono ad incendiare il mulino.
Nonostante tutto, Rocco non cedette e continuò a lottare. Il 6 novembre venne ucciso il capoclan degli Ursino (Vincenzo Ursini) e la ‘ndrina impose il coprifuoco in tutto il paese in onore del boss morto. Rocco era contro questa decisione e si ribellò: denunciò il tutto facendo anche nomi e cognomi.
La ‘Ndangheta decise di punirlo e il 12 marzo del 1977, mentre Rocco era alla guida del suo furgone di lavoro i killer lo uccisero sparandogli tre colpi di lupara. Nonostante la sua morte, la battaglia di Rocco contro la mafia non si concluse, ma fu portata avanti da suo padre insieme alle numerose manifestazioni.
È una battaglia infinita non impossibile da vincere, ci vogliono forza e coraggio; cose che non mancavano a Rocco, ma che lo hanno portato ad una morte ingiusta e dolorosa.”
Rocco è stato un imprenditore / mugnaio coraggioso: non tutti negli anni Settanta avevano la forza di contrastare tenacemente la ‘ndrangheta; la sua famosa frase, pronunciata durante un’intervista televisiva: “Non pagherò mai la mazzetta. Lotterò fino alla morte.” illumina circa la tempra e la forza morale di un simile uomo.
Nella medaglia d’oro al valore civile conferita alla famiglia dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, c’è scritto «Pur consapevole dei pericoli cui andava incontro, non esitava a collaborare ai fini di giustizia nella lotta contro la mafia e a reagire con audacia alle intimidazioni di cui era fatto oggetto.
Cadeva sotto i colpi d’arma da fuoco in un vile e proditorio agguato tesogli da due appartenenti alla suddetta organizzazione. Mirabile esempio di spirito civico e di non comune coraggio».
Sarebbe importante far commentare agli studenti la sua frase per riflettere sul valore della legalità come puntello della democrazia e dei diritti dei cittadini onesti.
Il CNDDU invita nuovamente gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU