Operazione “Gear”, la corte di appello ribalta la condanna per il reato associativo
Assolti i fratelli Bruzzese Antonino e Bruzzese Alessandro.
La prima sezione penale della Corte di Appello di Reggio Calabria (Presidente Monica Lucia Monaco, Consiglieri Giuseppe Perri e Sabato Abbagnale), ieri, all’esito delle arringhe difensive ha significativamente modificato la sentenza emessa dal Tribunale penale di Palmi il 21.07.2022.
L’operazione Gear, con indagini istruite dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria (con l’ausilio dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei Reparti territorialmente competenti), era scattata il 28 luglio 2020 con l’esecuzione di 14 arresti disposti dal GIP Stefania Rachele.
I reati contestati sono costituiti, a vario titolo, da associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti pluriaggravata, traffico di armi, favoreggiamento della latitanza di boss della ‘Ndrangheta, detenzione e porto abusivo di armi da sparo comuni e da guerra.
Secondo l’accusa al centro delle attività criminali vi era un indefinito numero di traffici di consistenti quantitativi di cocaina, marijuana, eroina e hashish e dalle intercettazioni sarebbe emersa la programmazione di rilevanti importazioni di droga dal Marocco e dall’Albania.
Il centro operativo della organizzazione sarebbe stato individuato in una nota cava per estrazione di materiale inerte sita in località Pontevecchio di Gioia Tauro gestita storicamente dalla famiglia Bruzzese.
Un ruolo di primo piano era stato attribuito a Girolamo Bruzzese (n. 06.04.83, deceduto prima della fine del giudizio di appello) e ai fratelli Antonino e Alessandro Bruzzese. Il Sost. Procuratore Generale Danilo Riva aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
La Corte reggina ha invece totalmente ribaltato la sentenza impugnata in merito alla imputazione più grave, quella costituita dall’associazione finalizzata al traffico di droga, assolvendo Antonino Bruzzese (difeso dall’avv. Domenico Infantino, con la collaborazione dell’avv. Domenico Barone, condannato in primo grado a dieci anni e sei mesi di reclusione), Alessandro Bruzzese (difeso dagli avvocati Simona Figliucci e Giuseppe Cavallaro, condannato in primo grado a 12 anni e 6 mesi di reclusione), Cilona Michele (difeso dagli avvocati Armando Veneto e Vladimir Solano, condannato in primo grado a 15 anni) con la formula <perché il fatto non sussiste>.
All’esito della sentenza l’avv. Domenico Infantino ha rilasciato la seguente dichiarazione:
<<credo che alla radicale riforma intervenuta sul delitto associativo abbia sensibilmente contribuito anche l’esito della rinnovazione della istruttoria avanzata per Bruzzese Antonino con l’atto di appello, la quale ha determinato una rilettura delle conversazioni intercettate, evidenziando in punto di diritto una condotta priva di efficacia causale, quindi inidonea ad integrare la fattispecie penale contestata>.
L’avv. Simona Figliucci ha evidenziato la rilevanza della documentata assenza nel fascicolo processuale dei supporti contenenti le video riprese della cava e la loro irreperibilità. Dei contenuti di tali video riprese avevano riferito gli operatori di P.G. e la sentenza del Tribunale di Palmi ne aveva tenuto conto per ricostruire probatoriamente i fatti contestati.
Gli imputati Pisano Salvatore (difeso dall’avv. Simona Figliucci) e Cilona Michele (difeso dagli avvocati Armando Veneto e Vladimir Solano) sono stati assolti anche da due ipotesi di detenzione di sostanza stupefacente, con rideterminazione della pena, rispettivamente, in anni 2 e mesi 6 per il primo, in anni 4 e mesi 10 per il secondo.
La pena è stata rideterminata in anni 2 per Conteduca Giuseppe (difeso da avv. G. Muscari e avv. Andrea Alvaro), e Perrello Francesco (difeso da avv. Michele Gullo).
La Corte di Appello ha disposto l’immediata scarcerazione di Antonino Bruzzese, Alessandro Bruzzese e Cilona Michele.