Anche Filadelfia non deve essere sciolto, per la terza volta il ministero smentisce la prefettura di Vibo Valentia
E dopo Nicotera e Mileto, arriva la terza bocciatura per la Commissione di accesso agli atti, guidata anche in questa occasione dal solito Roberto Micucci, già protagonista nelle vicende di Tropea per essere stato prima Presidente della Commissione di Accesso agli atti e poi promosso su espressa indicazione dell’ora Prefetto di Vibo Valentia, Paolo Giovanni Grieco a membro della Commissione Straordinaria: il Comune di Filadelfia non deve essere sciolto.
Si tratta di una clamorosa sconfessione, un colpo fragoroso, una censura che non poteva essere più sonora di così.
La decisione del Ministero degli Interni afferma Giovanni Macrì, già Sindaco di Tropea dal 2018 al 2024, accogliendo con soddisfazione il provvedimento segna una vittoria che ha il sapore di giustizia e il calore della rivalsa per una comunità intera.
È una notizia che scuote e illumina, un meraviglioso regalo di fine anno per la comunità di Filadelfia e per il suo sindaco, un riconoscimento che giunge come un faro nella nebbia delle ombre amministrative recenti.
Questa bocciatura sottolinea il sindaco dissolto supera di gran lunga altre già sonore, lasciandosi alle spalle un’eco che risuona ben oltre i confini di Filadelfia.
È una decisione che assume un peso particolare anche per quel caso di cronaca, avvolto dal mistero, che qualcuno aveva, maldestramente e subdolamente, cercato di legare alla vicenda di Tropea.
Il riferimento aggiunge è alla lettera di minacce che sarebbe stata recapitata personalmente dall’autore in Prefettura durante la riunione del Comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza dedicata a Filadelfia.
Roba da TSO e non già da obbligo di dimora! Un episodio che getta ombre e interrogativi: cosa conteneva quella lettera?
Quali dinamiche ha scatenato? E soprattutto, come si collega all’ennesima bocciatura della Commissione?
Il Consiglio dei Ministri, con la sua decisione, sembra suggerire che qualcosa di molto grave e irregolare sia avvenuto, qualcosa che non può più essere ignorato.
Quella lettera e la notizia trapelata a ridosso della decisione del Consiglio dei Ministri, paradossalmente, hanno avuto un effetto boomerang.
Non è forse il momento aggiunge di guardare con maggiore attenzione a questi fatti?
Non sarebbe opportuno, mi rivolgo ai politici di Vibo Valentia e della Calabria, portare la questione Vibo in Parlamento con un’interrogazione formale?
Le bocciature inanellate dalla Commissione negli ultimi due anni, culminate con questa ultima, pesantissima, chiedono a gran voce indagini più profonde ed analisi dei singoli casi che non lascino nulla al caso.
Tre bocciature, tutte fragorose, l’ultima delle quali esplosiva per il contesto in cui si inserisce, parlano chiaramente: non sono semplici coincidenze, ma segni di un sistema prosegue che mostra crepe profonde.
Qualcuno dovrà, prima o poi, raccontare questa storia per quello che è: una moderna riedizione del caso Dreyfus, dove la verità ha bisogno di una voce forte, di un Émile Zola contemporaneo che scuota il sistema fino alle sue fondamenta.
E allora? Possiamo davvero permetterci di far raffreddare il ferro?
Sicuramente qualcosa si è mosso, ma non basta. Bisogna insistere, scavare, fare luce là dove l’oscurità sembra regnare sovrana.
La comunità di Tropea, e non solo, merita trasparenza e verità. Non è il momento di tacere, ma di agire. Ogni omissione conclude Macrì è una complicità, ogni ritardo un colpo inferto alla giustizia.
Il tempo per cambiare le cose è adesso.