Calabria

Appello ai Ministri della Giustizia ed Interno per adeguamento misura antimafia

Autorità,
mi permetto di intervenire su un problema di rilevante importanza che, spesso, viene valutato erroneamente, producendo effetti contrari rispetto alla ratio della norma.

Mi riferisco, espressamente, alle misure per contrastare la ‘ndrangheta e che, invece, se utilizzate malamente, rischiano, come qualche volta è accaduto, di favorirla.

In particolare, con la odierna voglio trattare il tema della gestione dei locali pubblici che, spesso, vengono chiusi per una presunta frequentazione di soggetti ritenuti pregiudicati. Ho avuto diversi casi che sono nati, quasi sempre, da contrasti tra qualcuno delle forze dell’Ordine e la famiglia di gestione dell’esercizio.

È facile, infatti, “colorare” presunte frequentazioni, non controllabili, per chiedere, poi, la chiusura dell’esercizio e “vendicarsi” di qualcosa che è stato fatto per difendere i propri diritti.

In uno dei casi specifici trattati, il padre di un ragazzo appena ventenne, che gestiva un bar, ha denunciato la falsità di un verbale redatto dal Comandante della Stazione dei Carabinieri ed il Tribunale ha accolto la domanda ritenendo questo non veritiero.

A distanza di qualche mese, dalla medesima Stazione dei Carabinieri, è partita una richiesta di chiusura del Bar per delle presunte frequentazioni mai segnalate o per le quali non vi è stato un pur minimo intervento da parte, appunto, delle forze dell’Ordine.

Il ragazzo si è difeso segnalando che trattavasi di locale aperto al pubblico, che non gli risultavano le indicate frequentazioni e che, comunque, non potevano essere intraviste dall’esterno essendoci delle piante che ne impedivano la vista e che, in tale ipotesi, era corretto un immediato intervento per impedire, appunto, ciò.

Veniva, senza alcuna valida motivazione, disposta la revoca della licenza!

Il ricorso al TAR, essendoci dei precedenti importanti da evidenziare, veniva dichiarato improcedibile per essere troppo lungo, in applicazione di una norma intervenuta successivamente. Stessa cosa per il Consiglio di Stato! Nel merito nessuno ha assunto alcuna valutazione o decisione.

Dopo tanti anni, il giovane, senza alcun precedente, ha deciso di andare via dalla Calabria, non potendo lottare con lo Stato e l’antistato. Ci chiediamo e ci siamo chiesti: esiste una responsabilità personale per le presunte frequentazioni di un locale pubblico?

Riteniamo di NO. Specialmente allorquando le forze dell’Ordine non intervengono per sostenere il gestore ed utilizzano la norma per delle semplici “vendette”. Ci chiediamo ancora: perché dinnanzi ad una presunta frequentazione le forze dell’Ordine non intervengono immediatamente?

Darebbero una forte impronta della presenza dello Stato ed impedirebbero condotte permissive del gestore, che non ha alcun potere di dire a tizio o caio che il caffè non lo può prendere nel proprio esercizio. A parte le possibili ripercussioni successive!

Un tale atteggiamento delle Istituzioni è totalmente errato in quanto non colpisce la ‘ndrangheta che può sempre aprire altro esercizio pubblico con altra persona, ma il soggetto pulito che vorrebbe vivere nella propria terra, con una attività legale e pulita.

Conseguenza: le persone per bene scappano per non finire nelle grinfie della criminalità organizzata o, se deboli, si consegnano! E questa è una buona norma?

Riteniamo di NO se viene utilizzata in modo arbitrario e per diversi interessi. Ecco la necessità che forze dell’Ordine, i Questori, i Prefetti e le Procure della Repubblica siano attenti a non deviare la ratio della norma.

Così come, i Giudici amministrativi non devono fermarsi alla forma, ma devono, con onestà e serietà, valutare ogni caso con la massima attenzione. In mancanza, a pagare sono le persone per bene e non, certamente, il mafioso.

Giacomo Francesco Saccomanno – Avvocato e giurista

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