Calabria

Calabria: Maria Concetta Valotta “breve analisi di 10 anni di inutili commissariamenti sanitari”

Maria Concetta Valotta

Luglio 2010, l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, nomina Giuseppe Scopelliti che dal marzo di quel fatidico anno era divenuto Presidente della Regione, quale commissario alla Sanità della Regione Calabria. Dieci anni or sono.

Ad oggi la situazione medico sanitaria assistenziale è solo progressivamente peggiorata se quotidianamente i cittadini italo-calabresi, sono costretti a compiere lunghi viaggi della speranza per andare fuori regione, sempre se le proprie risorse economiche lo consentono e quando ciò non può essere, ricorrere persino ad indebitarsi per potersi curare.

La Calabria ha visto dilapidare le proprie risorse e smantellare le strutture esistenti; come in altre regioni meridionali, si è programmata senza creare nessun tipo di soluzioni sostitutive, la chiusura dei piccoli e medi ospedali, il blocco delle assunzioni, il mancato ricambio del personale sanitario pensionatosi, insomma, in poco più di 10 anni, il completo disfacimento del sistema, già non eccelso della
medicina territoriale.

Commissariare è stato sinonimo di tagliare, eliminare, accorpare, degradare. Il commissariamento, divenne una scelta riconducibile ad un imperativo categorico nel quale dimostrare la suprema volontà di “ripulire” quella terra di ’ndrangheta ed il suo settore infetto.

Quello che avrebbe dovuto essere un’interruzione di abusi e corruzione per ridare vitalità e legalità, è divenuto invece, piano emergenziale perenne e quindi ineluttabilmente, consolidamento cementato di tutte le contraddizioni e deficienze che si volevano invece fermare.

I commissariamenti, nella loro stessa natura, possono essere applicabili solo per brevi, brevissimi periodi nei quali si dovrebbe riuscire ad interrompere meccanismi di cattivo potere, sedimentati nel tessuto amministrativo, al fine di consentire poi, nel breve periodo, la ripartenza con una nuova visione politica ed uno sviluppo concreto di progetti e riorganizzazione capillare del tessuto aziendale ed amministrativo, badando attentamente a non cascare in apparati autoritari e gestioni totalitaria miopi e spilorce, come invece, purtroppo infelicemente perpetrato da commissariamenti a lungo termine.

Il rimedio è risultato, sicuramente peggiore del male: Come negare, infatti, che il parassita del malaffare abbia smesso di lucrare dal
sistema sanitario calabrese mentre il commissariamento inerte davanti a conduzioni reiterate e mai interrotte, ha condotto ad anacronistici accentramenti di potere e concretamente a nessuna modifica della sciagurata e malaccorta prassi di gestione della cosa pubblica.

Quel che era emerso dall’analisi del Tavolo di monitoraggio interministeriale lo scorso ottobre aveva denunciato la gestione eufemisticamente lacunosa dell’ex commissario Cotticelli.

I rimandi, in una gestione sanitaria pandemica di assoluta emergenza sono ingiustificabili, troppo è il danno che si cagiona in termini di vite umane, di sofferenze, di rovine economiche e di ricostruzione faticosissima del tessuto socio economico.

Come negare che la presidente regionale Jole Santelli, recentemente scomparsa, aveva annunciato in aprile 2020, l’attivazione di 400 posti in terapia intensiva, l’assunzione di 270 infermieri e 200 Oss: nulla di questo è avvenuto. Le pandemie non creano ex novo delle crisi, caso mai enfatizzano ed acuiscono le criticità esistenti ed i tarli mai rimossi.

In una situazione fatiscente come quella della sanità calabrese, in maniera deterministica, non poteva che accadere quello che sta accadendo.

Trincerarsi dietro l’alibi dell’attività delle organizzazioni criminali serve talvolta a coprire l’abnorme criticità della gestione della sanità che senza la sua normale funzionalità razionale e corretta, lascia i cittadini scontenti dello Stato, in balia di vessazioni e soprusi, figli di una gestione dissennata dei presidi ospedalieri locali, abbandonati senza sufficiente copertura di personale e senza l’ausilio dei macchinari diagnostici indispensabili.

E’ proprio in un sistema dove nulla funziona che l’organizzazione mafiosa alligna ed alberga e anzi purtroppo spesso trionfa offrendo clientelismo, favoritismi, controllo ed organizzazione parallela delle strutture e delle forniture. Non serve sottrarre alla Calabria la capacità di gestione, ma una direzione politica che esprima efficienza.

Serve razionalizzazione delle risorse e delle strutture: la riapertura dei piccoli ospedali locali, realizzati con ingenti spese pubbliche e poi abbandonati o mai aperti, anche in tempi relativamente recenti, va considerata una priorità improrogabile e lo sa qualsiasi medico di base, qualsiasi medico di corsia e qualsiasi infermiere Calabrese.

Ciascuno di loro sa, d’altronde, cosa occorre tutti i santi giorni in ogni reparto, in qualunque pronto soccorso, in ogni astanteria ed in tutti quei servizi che trascorrono in inenarrabili difficoltà le giornate di lavorative. Permettere una gestione regionale e dignitosa della sanità calabrese, non sarebbe un delitto peggiore dei commissariamenti succedutisi che a quanto pare non hanno scoraggiato e contenuto il malaffare e gli inquinamenti.

Ma vien da chiedere, questa che sta divenendo la tredicesima fatica di Ercole, dev’essere compiuta solo affidandola ad un ancora da individuare nuovo supereroe!?

Utilizzare risorse strutturali esistenti, proteggere e mantenere in loco i giovani talenti, procedere ad assunzioni basate sul merito per incrementare gli organici socio-sanitari, spendere programmaticamente le risorse economiche già stanziate, sembra pura utopia: ciò che
è semplice, sembra insufficiente, per cui, semplicemente, non viene mai fatto!

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