
Nel corso della tredicesima edizione di “Trame. Festival dei libri sulle mafie”, svoltasi a Lamezia Terme dal 18 al 23 giugno 2024, è emersa una storia di coraggio e resilienza che merita di essere raccontata. Antonio Vavalà, imprenditore di Scalea, ha condiviso la sua esperienza di lotta contro l’usura e le estorsioni, diventando un simbolo di resistenza alle mafie. Dal 2016, Vavalà si è trovato intrappolato in un vortice di criminalità dopo aver investito in un lido balneare. La sua vita è diventata un inferno, ma un episodio particolarmente violento ha segnato il punto di svolta. “Mi puntarono la pistola in testa”, racconta Antonio, “e a quel punto ho deciso di ribellarmi”. Con il sostegno delle forze dell’ordine di Scalea e dell’associazione antiracket Lucio Ferrami, in particolare della dottoressa Maria Teresa Morano e di Alessio Cassano, Vavalà ha trovato il coraggio di denunciare. “Ho avuto molta paura”, ammette, “paura di perdere tutto, di non vedere più i figli, la famiglia”. Il processo che ne è seguito non è stato facile. Entrare nell’aula del tribunale di Paola e affrontare i suoi estorsori ha richiesto grande forza d’animo. “La loro presenza mi demoralizzava, mi buttava giù”, confessa Antonio, “però poi piano piano sono riuscito ad affrontarlo”. Accanto a lui, figure cruciali: i carabinieri, lo Stato, l’associazione antiracket, ma soprattutto sua moglie. “Senza di lei forse non sarei qui”, rivela Antonio, raccontando di come la donna, un giorno non vedendolo tornare a casa, preoccupata per la sua scomparsa, abbia spinto le forze dell’ordine ad agire rapidamente. Oggi, Antonio Vavalà è un esempio di coraggio civile. Il suo messaggio per chi sta vivendo situazioni simili è chiaro: “Bisogna affidarsi alla giustizia, mettersi sulla strada giusta”. La storia di Antonio è un monito e una speranza. Come hanno sottolineato gli organizzatori di Trame, “non sei solo”. La Calabria onesta, i volontari, e tutti coloro che credono nella legalità sono al suo fianco, orgogliosi del suo coraggio e determinati a far sì che storie come la sua diventino patrimonio collettivo nella lotta contro le mafie.
Nicoletta Toselli