Giustizia&Giusta, affronta le tante e profonde criticità del processo OPEN ARMS
In una sala affollata di giornalisti e avvocati è stato presentato il Centro Studi Giuridico “GIUSTIZIA&GIUSTA” e lo scopo di questo: tutelare i cittadini dalla deriva dei processi e restituire la libertà a volte calpestata.
Primo momento di riflessione e studio il processo Open Arms, che tanto sta facendo discutere sulla manifesta essenza “politica”.
A presentare il Centro, dopo i saluti del presidente del Consiglio dell’Ordine di Vibo Valentia, avv. Francesco De Luca, è intervenuto il presidente Giacomo Francesco Saccomanno, che ha ribadito la necessità di riequilibrare i rapporti tra l’esecutivo e la magistratura, in quanto negli ultimi decenni vi è stato un forte condizionamento ed utilizzo del processo per danneggiare questo o quell’altro “politico”.
Un uso, a volte spropositato, in evidente violazione della Costituzione e che, però, sta portando l’Italia ad una deriva giudiziaria. Il Centro si assume l’onere di processare i “processi non giusti” e di informare correttamente i cittadini e, se possibile, assumere anche posizioni forti e penetranti.
A seguire è intervenuto il prof. avv. Luciano Maria Delfino, che ha, preliminarmente, evidenziato la mancanza di un dialogo tra i poteri dello Stato, l’indebolimento della Carta costituzionale che ha eliminati quei pesi e contrappesi fra i poteri e, conseguentemente, della classe politica, e, quindi, la inderogabile necessità che vi sia un’operazione di riequilibrio del sistema che possa garantire al potere legislativo ed al potere esecutivo di non essere sempre sotto scacco dell’ordine giudiziario, con, anche, eclatanti distorsioni dello stesso sistema giudiziario, che, oggi, è divenuto veramente straripante.
Tali evidenti situazioni obbligano al “necessario procedere alla improcrastinabile necessità di affrontare e di definire l’aspetto della responsabilità civile dei magistrati, di separare le carriere tra giudici e magistrati dell’accusa, ma soprattutto di sottrarre il controllo disciplinare a coloro che ne devono essere oggetto.
Ciò consentirebbe di giungere ad un rasserenamento del panorama e consentirebbe di ripristinare un quadro di giusto equilibrio tra i poteri”.
In riferimento al processo Open Arms ha evidenziato: a. il soccorso ai migranti non è stato negato, con sottoposizione a visite mediche, rifocillati e fatti sbarcare quelli in difficoltà e i minori; b. gli altri sono stati tenuti a bordo in conformità al dettato dei c.d. decreti di sicurezza.
In sostanza, una legittima difesa degli interessi dello Stato, senza alcuna privazione della libertà, in quanto la nave avrebbe potuto spostarsi in qualsiasi altro porto messo a disposizione dalle altre Nazioni, come la Spagna.
Importante, sotto l’aspetto della valutazione della esistenza del reato, l’intervento dell’avv. Giovanni Marafioti che, in primo luogo, ha evidenziato che non doveva occuparsi la magistratura italiana del caso, ma gli organismi sovranazionali (Cedu, Corte Europea di Giustizia, ecc.) atteso che si assumono violati principi che nascono da convenzioni internazionali, violazioni che sarebbero state consumate non da un privato cittadino, ma da un ministro che agisce a tutela di un bene tutelato da una legge dello Stato.
Semmai, per ipotesi assurda, lo Stato italiano avrebbe dovuto rispondere per l’azione dei suoi rappresentanti. In secondo luogo, spettava, esclusivamente, al comandante della nave entrare senza indugio nelle acque territoriali italiane e fare sbarcare i migranti.
Tale condotta emergenziale sarebbe stata assistita dalla esimente dell’art 51 c.p. che non punisce chi commette il fatto nell’adempimento di un dovere, che era in testa allo stesso gravato da una posizione di garanzia e cioè quello di prestare il necessario soccorso.
Sotto un terzo aspetto, per come ammesso dall’allora ministro Toninelli, la sicurezza della navigazione sino all’attracco era di sua competenza, mentre il ministro Salvini si occupava dello sbarco. Dunque, un’assoluta mancanza di possibile responsabilità in testa allo stesso.
Poi, infine, l’avv. Vincenzo Barca che ha contribuito al dibattito riferendosi e richiamando i principi fondamentali della Costituzione Italiana avendo riguardo di puntualizzare le discrasie procedurali della pubblica accusa nel processo Open Arms per i reati contestati a Matteo Salvini nell’esercizio delle sue funzioni di Ministro, anche rispetto a casi analoghi, dove è stato violato l’art.112 della nostra Carta Costituzionale, specificando che la “giustizia giusta”, è quella giustizia che, tempestivamente, sulla base del principio del giusto processo risponde con assoluta certezza nello stesso modo a casi identici.
La legge, infatti, dovrebbe essere uguale per tutti solo se si interpreta il concetto di uguaglianza secondo i dettami della Corte costituzionale, nel senso che bisogna trattare in modo eguale situazioni giuridiche uguali ed in modo diverso situazioni giuridiche diverse.
In tale direzione ha snocciolato dati impressionanti: decine di condotte equali assunte da altri ministri sono state totalmente ignorate, così come sono state ignorate le responsabilità di altri ministri che hanno condiviso e permesso la chiusura dei porti e la stessa condotta del comandante della nave, che poteva anche forzare il blocco se ci fossero state, veramente, condizioni di pericolo per i migranti.
Le conclusioni al presidente Saccomanno che, dopo qualche intervento della sala, ha ringraziato i relatori, anche per il coraggio assunto nel difendere pubblicamente i diritti fondamentali dei cittadini e della libertà di questi, ed ha ribadito che il Centro Studi andrà avanti, anche affrontando altre situazioni critiche come il processo di Genova, dove il presidente della Regione, Giovanni Toti, è stato costretto a dimettersi per poter ottenere la libertà, e cercherà di portate la vicenda dell’Open Arms dinnanzi alla Corte costituzionale per l’evidente violazione della ripartizione dei poteri, con aggressione di quello esecutivo da parte della magistratura inquirente, sottolineando che si sarebbe aspettato un forte intervento delle autorità legittimate (articolo 134 Carta costituzionale: un potere dello Stato, lo Stato o una Regione) oppure del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri o, ancora, del Ministro della Giustizia.
Essendoci, però, negli ultimi tempi una maggiore apertura per la proposizione della questione il Centro Studi cercherà di sottoporre alla Corte l’odierna vicenda, che appare, immediatamente, un vero conflitto di attribuzioni.