Il sindaco Michele Conia sul DDL 1660 “no alla criminalizzazione del dissenso pacifico”
Il disegno di legge governativo n. 1660, meglio noto come decreto sicurezza a firma dei ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto, approvato alla Camera dei Deputati lo scorso 18 settembre e attualmente in discussione al Senato, ha suscitato reazioni di sindacati, partiti, associazioni tanto che il 25 settembre a Roma, e in tante altre città italiane, sono scesi in piazza preoccupati per la riduzione degli spazi di manifestazione del dissenso e per esprimere la propria contrarierà al disegno di legge.
Michele Conìa, avvocato, sindaco di Cinquefrondi (RC) e consigliere metropolitano della città metropolitana di Reggio Calabria, delegato ai Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace esprime una posizione netta: “No a una logica repressiva e muscolare.
Il DDL 1660 contiene norme liberticide che, anche secondo il parere di Magistratura democratica, introduce nuovi reati e inasprisce le sanzioni contro qualsiasi forma di protesta e di resistenza, anche passiva, nelle carceri e nei Centri di reclusione degli immigrati senza permesso di soggiorno, introducendo il reato d’opinione (“terrorismo della parola”).
Il blocco stradale diventa illecito penale con condanne fino a due anni; chi protesta contro le grandi opere rischia fino a 20 anni di galera; 7 anni di carcere per chi occupa una casa sfitta o solidarizza con le occupazioni.
Ad esempio quanto disposto nell’articolo 18, che prevede pene severe anche per chi protesta con una resistenza passiva (ribattezzata norma anti Gandhi), contrasta con le Linee guida Odhir e della Commissione di Venezia che escludono la criminalizzazione della resistenza passiva.
Arci e Caritas ritengono disumana la norma che prevede il divieto di acquistare schede telefoniche per i cittadini extraeuropei sprovvisti di permesso di soggiorno impedendo loro di poter comunicare con i propri familiari lontani.
L’associazione Antigone e Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) in un documento congiunto hanno lanciato l’allarme sull’attacco allo Stato di diritto.
E se Amnesty International esprime timore per l’arretramento dei diritti umani, anche l’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) sottolinea come la normativa violerebbe le convenzioni internazionali. In particolare l’Osce segnala che alcune norme andrebbero ad erodere gravemente i diritti delle donne detenute compromettendo il superiore interesse del bambino così come sancito dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia.
Sempre l’Osce rimanda alle Regole di Bangkok delle Nazioni Unite che prevedono forme alternative alla detenzione per donne in gravidanza o con bambini piccolissimi.
Questa norma è stata subito ribattezzata come norma anti-rom, partendo dal pregiudizio che le donne rom siano tutte dedite al furto e che scelgano la maternità per sottrarsi alla carcerazione.
In realtà i numeri delle donne rom in carcere sono talmente bassi da eliminare ogni pregiudizio. Inasprimenti sanzionatori e nuove pene avrebbero lo scopo di creare un clima di repressione e colpire dissenso, disagio sociale, proteste e lotte, restringendo gli spazi di agibilità democratica e criminalizzando chi protesta pacificamente con pene sproporzionate.
Il combinato disposto tra autonomia differenziata, premierato, riforma della giustizia e nuovo pacchetto sicurezza imprime un preoccupante attacco alla Costituzione antifascista nata dalla Resistenza e uno scivolamento verso una torsione democratica. Rimaniamo a vigilare per tutelare il diritto di protesta pacifica contro politiche securitarie.
Faccio mie le considerazioni dell’associazione Libera che ritiene il DDL Sicurezza un attacco ai diritti e alla democrazia che restringe l’area dei diritti e dunque della civiltà”.
Michele Conìa, avvocato, sindaco di Cinquefrondi (RC) e consigliere metropolitano della città metropolitana di Reggio Calabria, delegato ai Beni Confiscati, Periferie, Politiche giovanili e Immigrazione e Politiche di pace.