Cosenza

La battaglia delle antenne telefoniche: due vittorie e un caso controverso

di Nicoletta Toselli

Negli ultimi anni, in Italia si sono moltiplicati i casi di contestazioni relative all’installazione di antenne per le telecomunicazioni, spesso innescate da preoccupazioni legate all’impatto paesaggistico e alle potenziali interferenze elettromagnetiche.

Tra i più significativi, tre episodi recenti evidenziano chiaramente come l’esito delle dispute possa variare sensibilmente, anche quando la materia sembra essere la stessa. Vediamo, quindi, come si sono conclusi questi casi, due con un risultato positivo per i cittadini e uno, invece, con un esito che lascia aperti interrogativi.

Il caso di Emanuele Chidda: Davide contro Golia

A Costa d’Oneglia, frazione di Imperia, un residente, Emanuele Chidda, è riuscito a fermare l’installazione di un’antenna telefonica di notevoli dimensioni voluta dalla Wind, dimostrando che un singolo cittadino può davvero cambiare le sorti di una battaglia che sembra impossibile. La vicenda, iniziata nel 2020, si è conclusa in favore di Chidda sia al TAR che al Consiglio di Stato, che ha ordinato la demolizione dell’impianto.

La motivazione centrale è stata l’impatto visivo e paesaggistico: Chidda ha saputo dimostrare come la presenza dell’antenna, alta ben 16 metri, alterasse in modo significativo le vedute dalla sua proprietà, provocando un danno estetico e, potenzialmente, anche economico.

Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la legittimità dell’interesse del ricorrente, sottolineando che l’impatto sull’ambiente circostante non era stato adeguatamente valutato dal Comune di Imperia.

Questa sentenza è un chiaro esempio di come le istanze dei singoli cittadini, quando ben documentate e motivate, possano prevalere anche contro colossi industriali.

La vittoria dei cittadini di Massafra

Un’altra storia di successo è quella dei cittadini di Massafra, in provincia di Taranto. Anche qui, l’installazione di un’antenna per la telefonia mobile, in questo caso della Iliad, è stata fermata grazie a un ricorso al TAR.

Il tribunale ha annullato l’autorizzazione ottenuta dall’operatore per silenzio-assenso, poiché il Comune non aveva garantito la pubblicità necessaria per informare adeguatamente la popolazione interessata.

In questo caso, il Tar di Lecce ha evidenziato la mancanza di trasparenza da parte dell’amministrazione comunale, che non aveva comunicato correttamente ai cittadini le intenzioni della compagnia telefonica.

I residenti hanno avuto ragione nel sottolineare che l’assenza di un confronto preliminare avrebbe potuto evitare il conflitto e trovare soluzioni migliori. Il Tar ha ordinato la rimozione dell’impianto, segnalando come una corretta informazione e partecipazione popolare siano essenziali in questi processi.

Il caso controverso di Scalea

Tuttavia, non tutte le battaglie hanno esito positivo per i cittadini. A Scalea, in provincia di Cosenza, la situazione legata all’installazione di un’antenna telefonica ha assunto contorni più complessi.

Qui, il sindaco aveva emesso un’ordinanza per sospendere la costruzione di un’antenna in via Fiume Lao, preoccupato per le potenziali interferenze con un pacemaker impiantato a una residente della zona. Tuttavia, il TAR ha sospeso l’ordinanza del sindaco, dando ragione alla compagnia telefonica.

In questo caso, nonostante le preoccupazioni per la salute della cittadina, il TAR ha rilevato che non vi erano sufficienti prove scientifiche a supporto della tesi che l’antenna potesse interferire con il pacemaker.

Al contrario, studi e documentazioni tecniche hanno dimostrato che le interferenze elettromagnetiche sarebbero state minime e ben al di sotto dei limiti di sicurezza stabiliti dalle normative europee.

La sospensione dell’ordinanza lascia un senso di insoddisfazione tra i cittadini, dato che, pur trattandosi della stessa materia degli altri due casi (l’impatto delle antenne), qui qualcosa sembra non aver funzionato come avrebbe dovuto.

I primi due casi, a Imperia e Massafra, rappresentano un trionfo del diritto dei cittadini a difendere il proprio territorio e la propria salute contro il potere delle grandi aziende.

Queste vicende dimostrano che una corretta valutazione del paesaggio e un’adeguata trasparenza amministrativa possono condurre a esiti giusti e equilibrati. Il terzo caso, quello di Scalea, solleva invece una serie di domande.

Pur trattandosi di un conflitto simile a quelli risolti in favore dei cittadini, qui il TAR ha dato priorità alla legittimità dell’autorizzazione e agli interessi pubblici legati alla diffusione della rete 5G, lasciando insoddisfatti coloro che avevano sperato in una maggiore attenzione alle questioni di salute pubblica.

Questa disparità di esiti mette in luce l’importanza di un’adeguata documentazione scientifica e la complessità delle normative che regolano le telecomunicazioni, evidenziando come “qualcosa” in questo caso non abbia funzionato come ci si sarebbe aspettati.

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