Operazione Faust: la Cassazione annulla la condanna per associazione mafiosa nei confronti di Belcastro Raffaele e Belcastro Salvatore

Ieri è stato accolto il ricorso proposto dall’avv. Domenico Infantino avverso la sentenza di condanna relativo al troncone celebrato con il rito abbreviato, emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 17 aprile 2024 nella operazione denominata convenzionalmente “Faust”.
La sesta sezione penale (Pres. Ercole Aprile) della Suprema Corte di Cassazione, all’esito della discussione orale dell’avv. Domenico Infantino, ha annullato con rinvio la condanna per associazione mafiosa inflitta a Belcastro Raffaele e Belcastro Salvatore (padre e figlio, condannati entrambi ad anni 12 di reclusione).
I due imputati erano stati ritenuti partecipi, con ruoli non marginali e di elevata rilevanza, della cosca di ‘drangheta denominata Pisano (i diavoli) di Rosarno, con interessi illeciti nel settore del narcotraffico, delle estorsioni e delle armi.
L’avv. Domenico Infantino aveva chiesto alla Corte di Cassazione un rinvio per poter acquisire le motivazione della sentenza emessa in data in data 20 novembre 2024 dal Tribunale di Palmi che, nel troncone celebrato con il rito ordinario, aveva assolto tutti gli altri imputati del delitto associativo (tra i quali i fratelli Salvatore, Domenico e Francesco Pisano) “perché il fatto non sussiste”, ma la Corte di Cassazione ha ritenuto di poter e di dover decidere il ricorso indipendentemente dalle motivazioni dei giudici palmesi.
Dopo due conformi sentenze di condanna sono state quindi accolte le critiche sui vizi di legittimità rivolte alle sentenze emesse dai giudici di merito denunciati con i ricorsi.
Appresa la notizia dell’annullamento l’avv. Domenico Infantino ha evidenziato “come le censure accolte dai Giudici di piazza Cavour addirittura abbiano avuto ad oggetto il ragionamento probatorio sulla sussistenza di una cosca di mafia denominata Pisano, inficiato dal travisamento di atti probatori (l’erronea affermazione di precedenti giudiziari storici sulla cosca Pisano), dalla valorizzazione di dichiarazioni di collaboratori del tutto generiche e di una vicenda ereditaria di esclusivo interesse di Pisano Francesco del tutto priva di rilevanza mafiosa (dalla quale era scaturito un contrasto con Fazzari Angelo) ed abbiano anche avuto ad oggetto la violazione della legge penale con riferimento agli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 416 bis c.p.”.
L’operazione “Faust” è scattata in data 8 gennaio 2021, allorquando a Rosarno, Polistena e Anoia e nelle province di Messina, Vibo Valentia, Salerno, Matera, Brindisi, Taranto, Alessandria e Pavia, i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Dda, hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip, nei confronti di 49 persone.
Le accuse a loro carico erano di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi, tentato omicidio, usura, estorsione e procurata inosservanza di pena.
Il provvedimento custodiale era l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2016 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il concorso dei Reparti territoriali della Piana di Gioia Tauro, diretta inizialmente dal Sostituto Procuratore Adriana Sciglio e successivamente dal Sostituto Procuratore Sabrina Fornaro, con il coordinamento del Procuratore Aggiunto Gaetano Calogero Paci, che ha ipotizzato la radicata e attuale operatività della cosca Pisano, conosciuta con l’appellativo “i diavoli di Rosarno”, mediante una rete collaudata di cointeressenze criminose con le altre storiche cosche del territorio della provincia di Reggio Calabria (Pesce, Piromalli, Bellocco).
L’ipotesi investigativa sulla esistenza di una cosca di ‘Ndrangheta denominata “Pisano” non ha retto al sindacato dei giudici ermellini, i quali accogliendo la tesi dell’avv. Domenico Infantino hanno annullato con rinvio la sentenza di condanna. Sarà quindi necessario un nuovo giudizio in appello.