Operazione “Handover”, la corte di appello assolve Preiti Domenico suocero di Antonino Pesce
La prima sezione penale della Corte di Appello di Reggio Calabria (Pres. M. Monaco, Cons. Rel. Cristina Foti, Cons. Giuseppe Perri) ha accolto l’impugnazione proposta dall’avv. Domenico Infantino e dall’avv. Michele Novella (entrambi del Foro di Palmi) nell’interesse dell’imputato Preiti Domenico, condannato in primo grado alla pena di anni 16 e mesi 8 di reclusione.
I giudici dell’appello, condividendo le articolate tesi difensive rappresentate dagli avvocati Infantino e Novella, hanno riformato il giudizio di primo grado nei confronti di Preiti Domenico.
Il Sost. Procuratore generale Francesco Tedesco all’esito della sua requisitoria aveva chiesto l’integrale conferma della sentenza di condanna emessa nei confronti degli imputati dal GP DDA di Reggio Calabria in data 17 ottobre 2022.
L’operazione denominata “Handover-Pecunia Olet” è stata caratterizzata da una complessa indagine condotta dalla Procura DDA di Reggio Calabria con una piattaforma probatoria principalmente costituita da un numero impressionante di intercettazioni ambientali.
Al centro della indagine è stata posta la storica cosca mafiosa di Rosarno “Pesce”, una delle più potenti del panorama ndranghetistico.
I reati contestati a vario titolo sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga, detenzione e cessione di droga, porto illegale e ricettazione di armi; estorsione e favoreggiamento personale, aggravati dal metodo mafioso.
L’inchiesta “Handover-Pecunia olet”, dalla quale è scaturito il processo nell’aprile del 2021 aveva portato all’arresto di 52 persone.
Una delle figure considerate dall’accusa di primo piano (con presunzione di innocenza fino a condanna definitiva) nell’ambito della cosca Pesce è Antonino Pesce, classe 1992, genero di Preiti Domenico e figlio di uno dei capi carismatici della consorteria, Vincenzo Pesce (“U pacciu”), che era riuscito a sottrarsi alla ordinanza cautelare emessa nella operazione “Recherche” e che è stato catturato, dopo un periodo di latitanza, nel marzo 2018 a Rosarno.
Ebbene nei confronti di Preiti Domenico (che era stato assolto in primo grado dalla imputazione di associazione mafiosa) è stata mossa l’accusa di avere assunto la direzione del sodalizio finalizzato al traffico di droga al momento della cattura del genero, a seguito di una sorta di passaggio di consegne.
Per tale arco temporale in cui l’associazione sarebbe stata diretta dal Preiti sono stati contestati ben 13 ipotesi di traffico di droga per entità molto ingenti.
Detta ipotesi non ha retto al vaglio dei giudici di appello, alla luce delle plurime incongruenze del quadro probatorio denunciate dai difensori di Preiti, i quali hanno ravvisato la presenza di intercettazioni di segno nettamente contrario alla ipotesi accusatoria, trascurate nel sindacato del GUP.
Gli avvocati Domenico Infantino e Michele Novella, all’esito del giudizio di appello hanno rilasciato la seguente dichiarazione: in attesa che la Corte di Appello depositi la motivazione della assoluzione, rispettosamente, possiamo solo immaginarne le ragioni.
Spiace tuttavia notare come nella tipologia del maxiprocesso il giudizio celebrato in primo grado nelle forme del rito abbreviato finisca per essere spesso troppo sommario, deludendo le legittime aspettative dei cittadini imputati sulla corretta applicazione delle regole di valutazione delle prove.
Ciò, nella prassi giudiziaria è dimostrato dalle ricorrenti riforme delle sentenze di primo grado da parte dei giudici di appello, a dimostrazione pure della irrinunciabilità della facoltà di impugnare una sentenza nel merito.
Connotazione, quest’ultima, finalizzata alla riduzione del pericolo dell’errore errore giudiziario, a presidio dei diritti dei cittadini ad un giusto processo.
Diritti che, negli ultimi tempi, per compiacere una opinione pubblica mal-educata a un gretto giustizialismo fondato sulla presunzione di colpevolezza, sono messi all’angolo nel dibattito politico sulla giustizia.
La Corte d’appello ha anche assolto per il delitto di associazione mafiosa Cacciola Giuseppe (difeso dall’avv. Stefania Gullo) e Consiglio Salvatore (difeso dagli avvocati Mario Santambrogio e Carmelo Naso), così come sono stati assolti per il delitto di associazione finalizzata al traffico di droga anche Fedele Luca (difeso dagli avvocati Mario Santambrogio e Antonio Genovese) e Megna Antonio (difeso dall’avv. Fabrizio Parisi).
La Corte di appello ha pure ordinato l’immediata scarcerazione di Preiti Domenico, Fedele Luca e Megna Antonio.
Di seguito le condanne.
- Antonio Alessi, anni 6 e mesi 8;
- Domenico Belloccco (classe ‘80), 6 anni e 8 mesi;
- Rocco Bellocco, 6 anni e 8 mesi;
- Gioacchino Bonarrigo, anni 9 e mesi 8;
- Giovan Battista Cacciola, anni 6 e mesi 8;
- Giuseppe Cacciola, anni 11 e mesi 4;
- Carmine Giuseppe Cannatà, 9 anni e 4 mesi;
- Salvatore Consiglio, anni 6 e mesi 8;
- Salvatore Corrao, 1 anno e 8 mesi;
- Giuseppe Ferlazzo, 1 anno e 4 mesi;
- Giuseppe Antonio Ferraro, 10 anni;
- Salvatore Ferraro, 4 anni e 5 mesi;
- Giovanni Grasso, 10 anni e 8 mesi;
- Pasquale Loiacono, 8 anni;
- Cristian Pagano, 9 anni e quattro mesi;
- Francesco Benito Palaia, anni 4 e mesi 5;
- Antonino Pesce (classe ‘82), 13 anni;
- Antonino Pesce (classe ‘91), 20 anni;
- Antonino Pesce (classe ‘92), 20 anni;
- Rocco Pesce (classe ‘71), 20 anni;
- Savino Pesce (classe ‘63), 10 anni e 4 mesi;
- Vincenzo Pesce, 16 anni;