Recovery Fund, Falcomatà: “Superamento spesa storica e riforma appalti per rendere risorse davvero efficaci”
“Calabria, come uscire dalla palude – idee, progetti, personaggi aspettando il Recovery Fund e la ripresa”. Questo il tema dell’iniziativa pubblica organizzata dal Touring Club Reggio Calabria in collaborazione con il Laboratorio Politico Sociale “Ventotene” presso la scalinata del nuovo Waterfront e a cui hanno preso parte il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, Paride Leporace, vicedirettore del Quotidiano del Sud e Giuseppe Smorto, già vicedirettore di Repubblica.
“Tutto quello che noi possiamo fare nel quadro delle opportunità derivanti dal Recovery Fund – ha detto il Sindaco Falcomatà nel corso del dibattito che è stato moderato dal professor Fabio Cuzzola – e da tutte le misure nazionali e comunitarie in programma, dipende molto da alcune battaglie che devono uscire dal contesto locale per diventare vere e proprie questioni nazionali. Perché prima di parlare di cosa vogliamo fare con queste risorse, dovremmo definire bene il perimetro delle regole del gioco. E questo perimetro ad oggi è totalmente indefinito. Ed è anche inutile ripetere che serve il 60% delle risorse per il Sud se prima non conosciamo quali sono le regole. Ed ad oggi sappiamo che, al netto delle risorse che verranno impiegate nel quadro del Recovery Fund, questo è uno Stato nel quale esistono delle leggi che praticano la discriminazione di cittadinanza. Pensiamo al criterio della spesa storica che stabilisce che a Reggio Calabria un bambino non ha le stesse opportunità di un bambino nato a Reggio Emilia. Quest’ultima – ha evidenziato il primo cittadino – ha circa 173mila abitanti e sessanta asili, Reggio Calabria circa 183mila abitanti e appena tre asili, peraltro realizzati con i fondi della coesione. Ma questo non può essere un tema portato avanti solo dal Sindaco, deve essere una questione in grado di animare concretamente il dibattito pubblico, ad ogni livello”.
E nonostante ciò, ha proseguito il Sindaco Falcomatà, “la nostra città ha compiuto sforzi incredibili in questi anni per garantire, attraverso i fondi europei Pon, i servizi per il welfare. Reggio Calabria investe 27 milioni all’anno per i servizi sociali, tra assistenza domiciliare, trasporto disabili, centri diurni, assistenti educativi, assistenza per anziani. E sul bilancio comunale per questi servizi ci sono zero risorse, nessuna erogazione annuale e ordinaria da parte dello Stato che garantirebbe una continuità per questi fondamentali servizi alla persona. Chiunque abbia a cuore il Mezzogiorno deve sposare questa battaglia, passare cioè dalla spesa storica ai cosiddetti Lep, livelli essenziali delle prestazioni, secondo cui ogni città deve avere delle erogazioni da parte dello Stato per i servizi, in base alle effettive esigenze. E finalmente, dopo anni, sembra che il governo voglia definire questi Lep almeno sul piano delle intenzioni, ma è compito nostro vigilare e alimentare tale dibattito. Inoltre c’è sempre un convitato di pietra quando si parla di Recovery Fund, ovvero il modo stesso in cui queste risorse devono essere spese. Oggi in italia, mediamente, un’opera pubblica di un milione di euro (e ricordiamo che il 30% opere pubbliche le fanno i Comuni), viene realizzata in cinque anni. Parliamo di interventi come una piazzetta con qualche giostrina e un po’ di verde. Come pensiamo di spendere oltre 200 miliardi fino al 2026? Sicuramente non con questo codice degli appalti. Bisogna uscire dalla narrazione secondo cui velocità è sinonimo di corruzione e infiltrazione mafiosa, basti pensare al modello Genova, che dimostra come velocità, rispetto delle regole e impermeabilità agli interessi criminali, possano coesistere, garantendo efficienza e legalità”.