Reggio Calabria: dal 21 gennaio presso il Palazzo della Cultura Pasquino Cupri la mostra “Trentatrè stelline”
“Trentatrè stelline” il titolo altamente evocativo e fortemente suggestivo della mostra, che aprirà i battenti il 21 gennaio, presso Palazzo della Cultura Pasquino Crupi, nella neonata sezione PiCo – Piano Contemporaneo.
Si tratta di una esposizione simbolica attraverso la quale rievocare il passato della nostra città all’interno di un edificio storico, oggi tempio di cultura, ma che fu brefotrofio. E le trentatré stelline del titolo rappresentano proprio i 33 bambini, ospitati presso la struttura, che persero la vita nel corso dei bombardamenti del 21 maggio 1943.
Fortissima la volontà dell’Amministrazione Metropolitana Falcomatà di organizzare questo evento al quale la città è invitata a partecipare.
È importantissimo conservare la memoria della nostra città – ha spiegato il Delegato Quartuccio e questo progetto espositivo centra appieno l’obiettivo, unitamente ad un sentito omaggio nei confronti dei bimbi che hanno vissuto tra quelle mura e delle loro madri-nutrici. Memoria, storia, cultura prenderanno vita all’interno del Palazzo per parlare ai cittadini e a chiunque voglia visitare l’esposizione.
L’intento prosegue è quello di rievocare le memorie della città e nel contempo riflettere sulle origini e sul ruolo del Palazzo all’interno del contesto cittadino, nel passato come nel presente. Se faremo questo suggestivo salto nel passato attraverso l’arte sarà grazie ai componenti la Commissione Scientifica, che hanno profuso un grande impegno e che ringrazio sentitamente.
Gli artisti che esporranno le proprie opere nelle sale di Palazzo Crupi sono Mustafa Sabbagh – (Amman, Giordania, 1961); Alberto Timossi – (Napoli, 1965); Elisabetta Di Sopra – (Pordenone, 1969); Mandra Stella Cerrone – (1959, Francavilla al Mare, CH); Giulio Manglaviti – (Reggio Calabria, 1982).
Curatori della mostra, i componenti la Commissione Scientifica di Palazzo Crupi: Angela Pellicanò, Miriam Paola Russo e Valentina Tebala, che con impegno e perizia, e con il sostegno del Consigliere Delegato alla Cultura Filippo Quartuccio, nonché l’apporto della MetroCity, sono riusciti a dare vita al progetto incentrato sulla storia dell’edificio di via Cuzzocrea.
L’arte contemporanea, con i suoi diversi linguaggi espressivi, diviene un mezzo straordinario di conservazione e rievocazione della memoria orientando la riflessione verso una lettura aperta e trasversale, suscettibile di visioni stratificate che vogliono e devono essere profonde e costruttive.
In questo modo il progetto si fa portavoce, oltretutto, di una mission generale e allargata per Palazzo Crupi, che mette al centro la storia e la cultura del nostro territorio con l’obiettivo di tutelarla, valorizzarla e promuoverla in maniera attenta e lungimirante attraverso un interscambio dialettico con tutto ciò che esiste e vive la contemporaneità oltre i suoi confini.
Il percorso espositivo si suddivide in due sezioni, diverse ma complementari: una prima parte storica e documentativa, costituita dalla raccolta di materiale d’archivio relativo agli anni di attività del brefotrofio fino al tragico avvenimento del 1943; una seconda parte utilizza i linguaggi e le visioni poetiche offerte da cinque artisti contemporanei, i quali si relazioneranno con la storia dell’ex brefotrofio e, tramite essa, rifletteranno sulle dinamiche e i costrutti sociali e culturali inerenti i concetti chiave della mostra.
I criteri da cui muove il progetto sono l’“infanzia” e la “cura”. Gli artisti, dunque, presentano al pubblico una mescolanza di vedute e di ricerche tra professionisti più giovani e professionisti già affermati, di fama nazionale e internazionale.
Ciascuno con il proprio background e le proprie attitudini, ricerche e modalità operative, ha lavorato anche con la possibilità di concepire un’opera appositamente per l’occasione.
Quando l’indagine metodica dell’arte contemporanea entra in relazione con il passato, la testimonianza diviene impareggiabile documento. La grandezza sta nell’inarrestabile approccio tra la decadenza e lo svelamento dei luoghi vissuti, pregni di quella energia che necessita e sa cogliere ogni artista.
I luoghi e le storie che loro possono riportare alla luce, rischiano di cadere per sempre nel dimenticatoio, se non si continua a progettare e restare vigili perché gli edifici nel frattempo sono stati riadattati all’esigenza fagocitante del tessuto urbano. Quando l’arte, strumento maieutico del ricordo, li recupera, ne celebra poeticamente la storia e li riscatta dall’oblio.